sabato 12 giugno 2010

Giornalisti non si nasce, si diventa!


Con la nascita di questo blog si conclude il progetto “A scuola di Giornalismo” finanziato dal Programma Operativo Nazionale 2007/2013 e realizzato presso la scuola Roncalli–Cascino di Piazza Armerina.
Alunni delle terze classi provenienti dai due plessi sono stati guidati dal giornalista pubblicista, dott. Maurizio Prestifilippo, attraverso i meandri della comunicazione con incontri nei quali i ragazzi hanno potuto sperimentare la possibilità di divenire “piccoli giornalisti”.
Attività d’aula si sono alternate con attività svolte all’esterno. I giovani discenti hanno potuto sentire “l’odore” del piombo visitando la Tipografia Bologna, la più antica della Città, nella quale ancora oggi sono visibili “tipi” in piombo e addirittura in legno, dove ancora troneggia una linotype, purtroppo ormai in disuso, strumento assolutamente considerato “della preistoria”, a detta dei ragazzi. Come se fosse un museo vivo, la Tipografia Bologna offre una panoramica completa delle tecniche di stampa dai caratteri mobili fino alla stampa digitale.
I nostri giovani cronisti hanno voluto cimentarsi con le diverse forme dell’espressione giornalistica: reportage, interviste, cronaca…
Sui loro volti, durante gli incontri avuti, si sono disegnati curiosità e stupore ma soprattutto hanno acquisito la consapevolezza che per poter intraprendere il “mestiere” di giornalista non ci vuole solo un’abilità nello scrivere ma anche tanta, tanta passione.
Noemi Marzullo

venerdì 11 giugno 2010

Angelo Roncalli, la vita di un Papa Buono


Sua Santità Papa Giovanni XXIII (il suo vero nome era Angelo Giuseppe Roncalli) era nato a Brusicco, una frazione di Sotto il Monte, un piccolo comune agricolo in provincia di Bergamo, il 25 novembre del 1881. E’ stato il 261º vescovo di Roma e il 260 Papa della Chiesa cattolica. Fu eletto Papa il 28 ottobre del 1958 durò solo cinque anni ma fu un grande rinnovatore della Chiesa cattolica. È ricordato con l'appellativo di «Papa buono». Fu Terziario francescano ed è stato beatificato da Papa Giovanni Paolo II il 3 settembre 2000.
Il padre del “Papa buono” era Giovanni Battista Roncalli e la mamma Marianna Mazzola, era il quarto di tredici fratelli e la sua era una famiglia di umili origini: i suoi parenti lavoravano infatti come mezzadri. Questo non gli impedì, grazie all'aiuto economico di uno zio, di studiare presso il seminario minore di Bergamo, per poi vincere una borsa di studio e trasferirsi al Seminario dell'Apollinare di Roma ove completò gli studi e fu ordinato sacerdote nella chiesa di Santa Maria in Monte Santo, in Piazza del Popolo, nel 1904.
Da ragazzo e durante il seminario, manifestò una profonda venerazione per la Vergine Maria. Divenuto Vescovo e Visitatore Apostolico in Bulgaria, quindi Delegato apostolico in Turchia e Grecia, nel 1944 si recò a Parigi come Nunzio Apostolico. Divenne Cardinale nel 1953 e nominato Patriarca di Venezia.
Alla morte di Papa Pio XII, Roncalli, con sua grande sorpresa, fu eletto Papa.
Secondo alcuni esperti vaticanisti sarebbe stato scelto principalmente per ragione della sua età. Dopo il lungo pontificato del suo predecessore, i cardinali avrebbero scelto un uomo che presumevano, per via della età avanzata, che sarebbe stato un Papa di «transizione». Ciò che invece giunse inaspettato fu il fatto che il calore umano, il buon umore e la gentilezza del Papa, oltre alla sua esperienza diplomatica, conquistarono l'affetto di tutto il mondo cattolico e la stima dei non cattolici.
Uno dei più celebri discorsi di Papa Giovanni, forse una delle allocuzioni in assoluto più celebri della storia della Chiesa, è quello che ormai si conosce come «Il discorso della Luna».
Papa Giovanni fu un grande innovatore. Privilegiò lo stile informale e l’umiltà della Chiesa ma soprattutto concepì il suo mandato come quello che avrebbe dovuto riaprire un discorso di fratellanza tra le diverse espressioni della religione cristiana. L’ecumenismo ricevette da Papa Roncalli un grande impulso e con la celebrazione del Concilio vaticano II la Chiesa si affacciò ad una stagione di rinnovamento e di modernità.
Afflitto da una grave forma tumorale allo stomaco, Papa Giovanni XXIII morì la sera del 3 giugno 1963. Fu inizialmente sepolto nelle Grotte Vaticane, ma, dopo la sua beatificazione, nel 2000, fu traslato nella navata destra della Basilica di San Pietro, dove le sue spoglie riposano in una teca di cristallo.


Luigi Candurra
Gaetano Urso

Se anche la luna è col Papa


Una splendida notte romana di luna piena fu cornice di una straordinaria fiaccolata per l'apertura del Concilio Vaticano II. Il Papa dalla sua finestra improvvisò un discorso.... e restò nel cuore degli uomini per sempre. Ecco un resoconto della serata da due nostre inviate "speciali".



Siamo a Roma, in Piazza San Pietro, è l’11 ottobre del 1962, un grande giorno per la comunità cattolica: si apre il Concilio Vaticano II. Il Concilio non si riuniva da circa un secolo, da quando era stato indetto il Primo Concilio da Papa Pio IX. Un grande corteo sta attraversando Roma e giungerà nella Piazza illuminata solo dalle fiaccole dei pellegrini. Fedeli sono giunti da tutti gli angoli del mondo, ma sono molti anche i romani, consapevoli dell’importanza storica dell’avvenimento. Da un piccolo palco riservato alla stampa possiamo vedere dall’alto il corteo che lentamente attraversa via della Conciliazione; un fiume di fiammelle in questa notte di tarda estate che Roma ha regalato al Papa, ai Cardinali e ai Vescovi intervenuti al Concilio. Ormai la piazza è gremita e sentiamo che la folla non riesce ad entrare tutta in via della Conciliazione sono migliaia e migliaia di fiaccole che sfilano in un commovente silenzio. Nell’aria si sente l’attesa del Papa: è impressionante vedere come la folla frema nell’attesa di sentire il discorso del pontefice che, abbiamo appreso, tra pochi minuti si affaccerà dal suo appartamento. Un brulichio di gente agita chiarori di fiaccole formando un immagine che trasmette brividi e allo stesso tempo calore e conforto: una croce imponente. Una visione che nessuno potrebbe mai cancellare, da ricordare come stupore di quei minuti di forte ansia. Ed ecco che arriva il momento tanto sospirato, il silenzio più totale sommerge la piazza e la folla trattiene il respiro: Papa Roncalli, si è affacciato alla sua finestra e sta per iniziare il discorso. Si sente pregare in tutte le lingue del mondo, è bene ricordare che in tanti sono giunti dai cinque continenti. Il messaggio è rivolto ai credenti : «Cari figlioli, sento le vostre voci. La mia è una sola, ma riassume tutte le voci del mondo; e qui di fatto, il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera… Osservatela in alto, a guardare questo spettacolo… Noi chiudiamo una grande giornata di pace… Sì, di pace: ‘Gloria a Dio, e pace agli uomini di buona volontà’. Se domandassi, se potessi chiedere ora a ciascuno: voi da che parte venite? I figli di Roma, che sono qui specialmente rappresentati, risponderebbero: ah, noi siamo i figli più vicini, e voi siete il nostro vescovo. Ebbene, figlioli di Roma, voi sentite veramente di rappresentare la ‘Roma caput mundi’, la capitale del mondo, così come per disegno della Provvidenza è stata chiamata ad essere attraverso i secoli. La mia persona conta niente: è un fratello che parla a voi, un fratello divenuto padre per volontà di Nostro Signore… Continuiamo dunque a volerci bene, a volerci bene così; guardandoci così nell’incontro: cogliere quello che ci unisce, lasciar da parte, se c’è, qualche cosa che ci può tenere un po’ in difficoltà… Tornando a casa, troverete i bambini. Date loro una carezza e dite: “Questa è la carezza del Papa”. Troverete forse qualche lacrima da asciugare. Abbiate per chi soffre una parola di conforto. Sappiano gli afflitti che il Papa è con i suoi figli specie nelle ore della mestizia e dell’amarezza… E poi tutti insieme ci animiamo: cantando, sospirando, piangendo, ma sempre pieni di fiducia nel Cristo che ci aiuta e che ci ascolta, continuiamo a riprendere il nostro cammino. Addio, figlioli. Alla benedizione aggiungo l’augurio della buona notte». Sono queste le parole toccanti del Papa che rincuorano le anime dei fedeli presenti. Ed ora, dopo pochi minuti dalla fine del discorso, nel silenzio più assoluto, le luci delle fiaccole cominciano a spegnersi lasciando la piazza completamente sommersa in un’atmosfera cupa ma contemporaneamente rassicurante.

Manuela Gloria
Federica Palermo

Boom di note a Piazza Armerina

Un’unica grande orchestra si è formata dopo la fusione delle due Scuole medie. Uno sforzo di coordinazione che ha regalato momenti di intensa suggestione al pubblico del concerto di fine anno scolastico.




Applausi e ovazioni per l’Orchestra della Scuola Media “Roncalli–Cascino” che si è esibita, venerdì 28 maggio, presso l’Auditorium del plesso Roncalli di Piazza Armerina.
Ben cento orchestrali in erba, guidati dai Maestri dell’ordinamento musicale della scuola, hanno eseguito brani di tradizione popolare, di Curci, Rota, Morricone e J.B. Strauss.
Tutti i giovani musicisti sono stati guidati dagli otto Maestri di entrambi i plessi: Corrado Cristaldi, flauto traverso, Salvatore Zoccolo, clarinetto, Anastasia Ferrara e Fabio Di Stefano per il violino, Francesco Di Bangi e Andrea Vaccarella alla chitarra, Angelo Abate e Laura Crispino al pianoforte.
«Un organico orchestrale più ampio – ha detto il Preside Sergio Sottosanti, presentando la serata - poiché da quest’anno scolastico due scuole medie della Città sono state aggregate in un’unica istituzione. Siamo orgogliosi dei risultati che i nostri giovani studenti hanno raggiunto perché, grazie allo studio dello strumento, sono diventati esecutori e non solo meri fruitori della magnifica arte della musica».
Durante la serata si sono esibite due formazioni: una costituita da ragazzi delle prime classi che, sotto la direzione del prof. Andrea Vaccarella, hanno offerto al numeroso pubblico presente l’ascolto di due brani trascritti per piccola orchestra dal prof. Corrado Cristaldi e da Alberto Curci.
La seconda formazione orchestrale, costituita da studenti delle seconde e terze classi e diretta dalla prof. Anastasia Ferrara, si è esibita nell’esecuzione di brani di Nino Rota, Ennio Morricone e da J. B. Strauss.
La bellissima manifestazione si è conclusa con la Marcia di Radetzky, durante la quale il pubblico, con entusiasmo, ha rivissuto l’atmosfera viennese ed ha accompagnato, battendo le mani le suggestive note della marcia conclusiva del Concerto di Capodanno.

Giuseppe Bruno

Un museo per Enzo Cammarata


Lo scenario è quello di una villa del XVIII secolo, ci accoglie il padrone di casa, Enzo Cammarata, 62 anni, tre figli Galaria, Ugo e Stella. Come un mecenate d’altri tempi Enzo Cammarata ha voluto creare, nelle sale della “Villa Delle Meraviglie”, un museo che da lui prende il nome. Per saperne di più abbiamo voluto rivolgergli alcune domande:
- Com’è nato il suo amore per la cultura e l’arte della Sicilia?
«Nella mia famiglia c’è stata sempre questa passione: mio padre, mio zio, e in particolare un mio antenato, Domenico Cammarata, il cui ritratto è conservato nella stanza del sindaco di Piazza Armerina, era un esperto dell’archeologia siciliana. Quando ero bambino vedevo molti oggetti d’arte e chiedevo sempre ai miei genitori di spiegarmi le loro caratteristiche. Questa curiosità, che io ho ancora adesso per oggetti di archeologia, si trasmette anche ai visitatori di questo museo».
- Perché “Villa delle Meraviglie”?
«Tutto ciò che può ricostruire un passato è meraviglia. In queste sale ho voluto raccogliere oggetti, mobili e suppellettili che ricostruissero l’arredamento delle residenze patrizie del '700, che affascinarono i grandi viaggiatori del tempo provenienti da tutta Europa, in visita nei luoghi tanto decantati dagli autori di epoca greco-romana».
- Tra gli oggetti più belli dell’archeologia siciliana c’è un piatto d’oro che prende il nome di phiale: a cosa serviva?
«Era un piatto che nell’antichità veniva posto sulla mano delle statue greche e serviva per le offerte votive».
- Ci sono altre ville romane di importanza pari alla nostra ancora da scoprire nel nostro territorio?
«No - risponde Enzo Cammarata - di pari importanza sicuramente no, nell’hinterland ci sono delle ville e qualcuna con dei mosaici di minore qualità, ma è certo che la Villa del Casale, poiché centro economico e amministrativo di un più vasto territorio, è un impianto unico sia come ampiezza sia come qualità del mosaico».
- Ma come si è proceduto alla localizzazione del suo sito?
«Quando gli antichi romani dovevano scegliere un luogo dove edificare una residenza prestigiosa, prediligevano quei luoghi in cui vi fosse ricchezza di acqua, infatti in prossimità della Villa passava il fiume Gela, al tempo navigabile; inoltre da qui inizia la Piana di Gela, che arriva fino al mare. Studi condotti negli anni, testimonianze archeologiche trovate nel tempo, hanno indotto gli archeologi ad intraprendere, negli anni ’50, scavi sistematici che hanno portato alla luce quel tesoro che è appunto la Villa Romana del Casale».
- L’arrivo della Venere di Morgantina sarà determinante per i flussi turistici ad Aidone e per la nostra città ?
«L’attrazione più rilevante della nostra zona rimane la Villa Romana del Casale. Certo la Venere di Morgantina desterà molta curiosità anche se a mio avviso la testa e le braccia della statua sono sicuramente autentiche, mentre il corpo deve essere stato adattato. Quando arriverà vedremo il risultato».
- Cosa pensa dei lavori di restauro della Villa che sono ancora in corso ?
«La vecchia copertura della Villa progettata dall’architetto Franco Minissi era un buon progetto, adesso stanno facendo una ricostruzione che è molto simile ad un altro progetto che è stato sviluppato ed è visibile sul libro dedicato alla Villa romana del casale che ho pubblicato qualche anno addietro. Adesso è ancora troppo presto per vederne il risultato».
Ringraziamo Enzo Cammarata e continuiamo il nostro percorso all’esterno, dove una vegetazione spontanea ben si coniuga con i giardini che, posti su vari livelli, si affacciano su un paesaggio unico: la valle che pone il sito archeologico della Villa del Casale in posizione di primo piano.


Flavia La Rosa
Clara Lo Presti
Chiara Zagarrio

Reportage dalla Villa delle Meraviglie



Nell'ampia vallata in cui troneggia la Villa Romana del Casale, a quattro chilometri da Piazza Armerina, una villa settecentesca ospita il museo realizzato da Enzo Cammarata. Stanze ricche di importanti testimonianze dell'età d'oro della Sicilia e di rilevanti reperti archeologici affascino i numerosi visitatori che ogni giorno ne invadono le magnifiche sale.



Accedendo alle sale della Villa delle Meraviglie ci si sente come se una “macchina del tempo” ti facesse ripiombare nel passato, all’interno della dimora di un uomo il cui unico intento è quello di circondarsi di cose belle, ognuna delle quali gli possa raccontare una storia: sculture, mobili, dipinti, libri, stampe antiche, suppellettili.
La storia della Sicilia e delle sue dominazioni è lì in tutti quegli oggetti.
La prima stanza è denominata “Stanza di Cerere“, Demetra “Dea del buon raccolto” per i greci. L’originale si trova al British Museum di Londra.
In epoca romana, il culto di Cerere, era molto praticato, particolarmente in Sicilia, dato che l’isola era identificata come il granaio di Roma. Il culto di Cerere era strettamente legato a quello della figlia Persefone, o Prosèrpina, rapita sulle rive del lago di Pergusa, da Plutone, re degli Inferi.
Nella Villa, la ricostruzione dell’arredo, testimonia il permanere del gusto settecentesco nelle classi elevate dell’ottocento.
I dipinti alle pareti dell’alcova, sono costituiti da ritratti di personaggi della famiglia.
Procedendo in avanti, entriamo nella stanza “delle cose rare“, il luogo simbolo dei multiformi interessi culturali del casato e della vocazione collezionistica del padrone di casa.
Sulla parete in alto si possono osservare una placca in rame sbalzato dell’800 che raffigura il ratto delle Sabine e delle carte geografiche francesi; più sotto la copertina di un libro, in peltro lavorato a sbalzo, che raffigura una scena galante; di fronte, le stampe settecentesche, tratte dal “Voyage pittoresque de Naples e de Sicile” (capolavoro dell’abate di Saint-Non) o dal “Voyage” di Jean Houel che riproducono paesaggi della Sicilia e delle sue isole, così come le videro, nel ‘700, i grandi viaggiatori provenienti dagli stati d’Europa.
Mentre ci incamminiamo, entriamo nella “stanza dell’orologio“ che conserva due figure femminili in bronzo brunito (cioè l’alternanza tra il giorno e la notte); due tondi in intarsio ligneo posti sopra la cappa del camino; un cratere arcaizzante in terracotta àcroma; più in fondo un piattino in maiolica, che reca la firma di Giustiniani; nell’angolo, su una colonna di marmo verde, si trova un busto di Apollo dell’800.
Entriamo ora nella quarta stanza, detta “tribuna di Ercole“ in onore del gruppo marmoreo cinquecentesco raffigurante Ercole nelle sembianze di un bambino con un’oca.
Il plinto di legno su cui poggia è sagomato a otto larghe scanalature, arricchite da bellissimi intarsi, un tipo di decorazione che si realizza accostando minuti pezzi di legno di vari colori.
Appoggiato su un leggio abbiamo un volume originale del “Voyage Pittoresque”, reportage pittorico e descrittivo del Regno di Napoli e Sicilia del 1786. Si tratta di un ricco volume contenente descrizioni dettagliate dei paesaggi di Piazza, Agira, Leonforte, Enna e Pietraperzia e corredate da stampe d’epoca.
Accediamo adesso alla “piccola sala“, dove possiamo osservare alcuni piatti ottocenteschi decorati.
Nelle vetrine c’è un’ampia gamma di testimonianze provenienti da diversi centri.
Troviamo opere di Giacomo Bongiovanni e una Madonna col Bambino di Luca della Robbia; poi possiamo notare una statua raffigurante Kore e ai suoi due lati: il ritratto di Santi Puccio (un antico Sindaco della Città di Mineo) e del maestro Domenico di Betti (del 1400).
Da un’apertura sulla destra accediamo alla “stanza di San Vincenzo Ferreri“ caratterizzata da una grande pala lignea che rappresenta l’effigie del Santo.
Attraverso una bella scala in marmo si giunge alla “sala degli specchi“, ove fa bella mostra di sé una deliziosa ètagere ottocentesca; in un angolo campeggia il busto marmoreo, probabilmente di un imperatore romano.
Andando avanti accediamo alla “stanza di Archimede“, un ambiente perfettamente arredato per costituire una camera da letto arredata con due consolle, adibite a comodini e dotata di una curiosa feritoia nel muro attraverso la quale il padrone di casa poteva controllare l’ingresso della Villa e mettere in fuga eventuali malintenzionati.
Si conclude così la visita del Museo di Villa delle Meraviglie. L’impressione che abbiamo riportato redigendo il nostro réportage è particolarmente favorevole: la Villa è molto bella. Un consiglio per tutti: «Trovate una mezza giornata di tempo per visitare questo nuovo capolavoro che qualifica la nostra Città, perché le opere in mostra sono affascinanti e piene di valore ».

Krystian Bua